Parlare adesso della storia della pubblicità non è certo semplice dato che viviamo praticamente circondati da questa forma di comunicazione. Ma dobbiamo, però addentrarci negli albori di questa disciplina che vide i natali sin dai tempi della nascita di Cristo, un duemila anni fa.
A quel tempo camminando per le strade di una città, diciamo civilizzata, si potevano notare alle pareti dei palazzi le insegne dei negozi dipinte sui muri, dei veri e propri manifesti.
Le insegne erano sempre raffigurate con illustrazioni che mostravano cosa si vendeva in un negozio e strategicamente parlando, vi è da considerare che a quel tempo la maggior parte della popolazione, se non un buon 90% era analfabeta.
Di conseguenza si evince da sola la necessità del “venire in contro” alle ristrettezze culturali della popolazione: il fabbro vende spade e l’insegna sarà la spada o la classica incudine.
L’uso di queste insegne si protrasse attraverso i secoli fino al medioevo ed ancora più in la ai giorni nostri.
Poi venne il tempo dei libri e della loro stesura a cura dei monaci Benedettini, che con pazienza scrivevano in pregevole calligrafia i libri del tempo.
bq. In questo tempo vide i natali anche la tecnica “di stampa” *xilografica*, che consisteva in una tavoletta di legno incisa in modo da ottenere parole e disegni, la parte in rilievo veniva così inchiostrata e sovrapposto un foglio esso veniva premuto, stampandolo.
Con le evoluzioni seppur limitate furono introdotti successivamente, attorno al’400 d.c., i punzoni di ferro; ovvero delle vere e proprie riproduzioni delle lettere (dei piccoli timbri, giusto per capire).
Con pazienza questi “timbri” in sequenza secondo i testi, venivano impressi su una tavola d’argilla, in questa successivamente veniva colato una lega di piombo e stagno, ottenendo così una primordiale matrice di stampa. Inchiostrata successivamente ed utilizza per la stampa sui fogli.
Il 1450 segnò una rivoluzione, infatti, “Johann Gutenberg”:http://www.fare-web.it/cms/Contenuti/gutenberg-e-la-stampa-a-caratteri-mobili inventò la stampa a caratteri mobili.
Sviluppando le tecniche sopra descritte, Gutenberg utilizzò i punzoni per incidere una lastra d’ottone, colando successivamente del piombo fuso, ripetendo l’operazione innumerevoli volte, finché ottenne tanti caratteri, perfetti. Accostandoli per formare parole si potevano comporre libri interi, in caso d’errore, bastava cambiare la lettera messa nel posto sbagliato.
Così, la stampa decollò ed i libri ed altri stampati si diffusero enormemente aprendo realmente una nuova epoca.
Con la nascita della stampa, venne automatica la nascita dell’editoria, è, infatti, datata solamente ventisette anni dopo l’invenzione della stampa, la prima comunicazione edita per la vendita di un calendario (l’avviso dell’editore W. Caxton reclamizzò un calendario delle festività da lui edito).
Nati come caratteri Gotici, discendenti dalle scritture manuali dei Benedettini, furono poi introdotti caratteri tondi e nel 1545 il signor Garamond creò, l’oggi ancora diffusissimo, carattere.
Come conseguenza naturale di questa evoluzione, non tanto distò la creazione dei primi giornali, infatti, solo cent’anni dopo comparirono dei piccoli (anche di formato) periodici contenenti notizie di carattere locale. Non tanto però, disto la loro crescita.
Il ‘600 detta la nascita della pubblicità sui giornali, infatti sulla Gazzetta di Parigi, comparì il primo annuncio pubblicitario di un medico, per poi nel 1657 il lancio di un nuovo prodotto sul Public Adviser a Londra. In Italia i primi giornali fanno la loro comparsa tra il 1630 ed il 1650; La Gazzetta di Parma e quella di Mantova.
Solo attorno al 1800 questi fogli acquisteranno una frequenza quotidiana, sempre però avendo radici e contenuti di carattere locale.
Nel 1845 in Francia fa la comparsa la prima concessionaria di *pubblicità* “Société Générale des Annonces”, che gestì l’esclusiva gli spazi pubblicitari di tre grandi giornali. L’Italia non stette a guardare e nel 1863 fu fondata la Manzoni, organizzazioni che raccoglievano inserzioni per più giornali contemporaneamente, assicurando così un flusso di denaro costante e crescente, permettendo lo sviluppo della stampa quotidiana dall’800 ad oggi.
Gli Stati Uniti, un passo sempre avanti, crearono la prima “agenzia di pubblicità” che offriva ai propri clienti una struttura di scrittori ed artisti per le proprie inserzioni.
La crescita vorticosa di questo nuovo metodo di comunicazione, pose all’attenzione i primi limiti comunicativi, in altre parole la ristrettezza di spazi sui giornali e la sintesi dei manifesti.
Nell’800 il messaggio pubblicitario apparve sempre più frequentemente nei giornali e ad affiancare questo si impose all’attenzione il manifesto. Oggi ancora icona della pubblicità.
La resa di stampa dei quotidiani era scarsa, annunci realizzati grezzamente e confinati in apposite pagine senza colore. La stampa, litografica, dei manifesti permetteva oltre al colore, una resa ottima ed un’ottima qualità.
Il manifesto così si impone come mezzo primario di comunicazione di massa.
Ed ecco “spuntare” il primordiale *Direct Marketing*, ovvero il sistema con cui si inviano comunicazioni a degli indirizzi selezionati divisi in categorie.
Un particolare sistema per fare pubblicità per le strade ottocentesche fu l’uomo sandwich: un uomo che passeggiando in giù ed in su, portava appesi al corpo per mezzo di bretelle, dei grandi cartelloni con messaggi o manifesti pubblicitari.
Nel ‘900 questa disciplina assunse finalmente il termine di Pubblicità. Nel 1907 furono realizzati i primi studi su di essa e suoi aspetti sociali. Con lo scoppio della prima guerra mondiale, la pubblicità venne utilizzata per raccolte di denaro, arruolamenti (alzi la mano chi non conosce lo Zio Sam che punta il dito), difesa civile e cosi via. Finita la guerra, la pubblicità assume toni sempre più professionali, tralasciando l’aspetto decorativo affinandosi sempre più verso uno studio del mercato cui è rivolta, del linguaggio e della grafica.
Gli anni ’30 vedono la comparsa della radio. Trasmissioni a puntate seguitissime e sponsorizzate. Nascono i primi concorsi sui settimanali, le primordiali promozioni vendite.
Nel secondo dopoguerra in Italia fu un fiorire di nuove associazioni “a tema”, datata ’45 è la nascita dell’Associazione Italiana Tecnici Pubblicitari; l’UPA di lì a poco e seguita dalla Federazione Italiana della Pubblicità e così via. Nasce l’associazione per gli studi di mercato e viene indetto il primo premio per la Pubblicità: la Palma d’Oro.
Colti impreparati i pubblicitari Italiani, nel dopoguerra videro l’ascesa in casa loro di società internazionali di pubblicità, venute in aiuto agli investitori stranieri visti sprovvisti di strutture adatte e locali.
Gli anni cinquanta e sessanta, come tutti sappiamo, videro il boom industriale, economico e consumistico del nostro Paese e per non tediare con argomenti economico-politici inutili visti la loro ovvietà, riporterò solo alcuni influssi nel campo pubblicitario che il boom economico portò.
Di calibro, e pesante, è la nascita nel 1954 della Radio Televisione Italiana, la *Rai*. Nel 1957 cominciò la programmazione di Carosello, uno spettacolino di due minuti in cui con scenette comiche si alludeva ad un prodotto per poi citarlo esplicitamente solo nei quindici secondi finali del programma.
Pubblicità all’Italiana. (la saga di Carmencita fu un fulgido esempio di tutto ciò – creazione di A. Testa).
In questi anni si diffondono le conoscenze teoriche sulla comunicazione pubblicitaria e viene introdotto il vocabolario dei termini tecnici di questa disciplina. I bambini vengono “presi di mira” e scoperti come target privilegiato su cui puntare, prodotti mirati per questa fascia sono creati dall’industria alimentare e la pubblicità contribuì alla loro diffusione.
Nel 1960 lo stile di vita consumistico americano si impadronisce dell’italica popolazione e la pubblicità si sbizzarrisce per promuovere sempre nuovi consumi. Nel 1966 nasce il codice di autodisciplina pubblicitaria (tratterò in seguito questo argomento).
Gli anni della rivoluzione a cavallo tra il ’68 e gli anni ’70 vedono il rovesciamento delle teorie consumistiche e la presa di coscienza di un modello di vita alternativo. Il consumo e le ideologie del lavoro vengono prese di mira e la pubblicità additata come fomentatore del consumismo sfrenato. Anni rivoluzionari che vedranno inoltre l’importante nascita delle televisioni private. Telemilano la prima del gruppo Berlusconi, insieme a una miriade di altre emittenti private.
Nel 1986 il Convegno Nazionale della Pubblicità porta ad un rilancio della stessa, nell’ottica del rinato consumismo di questi anni. La nuova offerta delle televisioni private porta agli apici del successo la promozione su questo mezzo, gli interpreti sono delle star e la domanda-offerta di spazi e in crescita esponenziale. Il caro e vecchio Carosello andò in pensione lasciando spazio alla consapevolezza che le sponsorizzazioni (sportive, culturali ecc…) erano tecniche di comunicazione di grande rilevanza.
La pubblicità è tanta e la confusione pure, nacque l’Auditel, l’ente garante per la rilevazione dei dati di ascolto.
E sempre, negli anni ’80 fanno la comparsa i primi programmi di grafica e editoria per computer.
Gli anni novanta e quelli odierni, vedono la crisi internazionale che influì sugli investimenti pubblicitari e conseguentemente sulle strutture della comunicazione. Gli investimenti pubblicitari calano e le aziende puntano alla promozione piuttosto che alla pubblicizzazione.
Con questo lungo escursus e nei limiti dettagliato, ho stilato per passi la storia della pubblicità dagli albori ad oggi. Caratterizzando soprattutto l’aspetto evolutivo che ha distinto il nostro paese. Per le conclusioni ovviamente c’è da analizzare e valutare la situazione odierna.