Che cos’è il Design?

Scopro questo splendido articolo di Alessandro Barison, designer padovano. Alessandro propone una interessante analisi sulle prospettive del design e, collateralmente, sulle difficoltà di interpretazione del nostro lavoro da parte della comunità di non addetti ai lavori. Ne riporto (integrando alcune mie opinioni) quelli che ritengo i passaggi fondamentali: per la lettura completa date un’occhiata qui.

Design significa progetto. Progettare significa gettare avanti, dal latino. Il design è consapevolezza: essere consapevoli del presente e immaginare un futuro.

Il design non è arte. È una disciplina tecnica, scientifica, sociologica e umanistica, anello di congiunzione tra ingegneria, arte, invenzione, stile, produzione, mercato. Ha processi e regole, tecniche e teorie.

Il design prova a risolvere problemi in tutti gli ambiti in cui viene applicato. Per fare ciò, fare design significa avere uno sguardo attento a tutto il mondo che ruota attorno all’idea: dal progetto all’evoluzione, dalla produzione alla distribuzione. Si interfaccia con l’industria e l’economia, con il marketing e la psicologia.

La definizione di design, oggi, è percepita in maniera sbagliata: privata della sua connotazione progettuale, oggi mette insieme tre banali caratteristiche: carino, moderno, tecnologico. Il designer è visto come una specie di artista inventore, che semplicemente trasforma prodotti mediocri in prodotti belli. Ma di chi è la colpa? Parte delle responsabilità vanno senz’altro imputate agli stessi designer, che negli ultimi dieci anni non si sono raccontati sufficientemente bene. È colpa dei designer che hanno investito troppo poco nel domani e troppo nell’oggi. È colpa delle associazioni di categoria, troppo aristocratiche e autoreferenziali. È colpa di una mancata risposta rapida ed efficace all’aumento di giovani aspiranti designer contro un generico calo della domanda da parte delle aziende, complice la crisi mondiale, la diffusione di una cattiva cultura del fai-da-te a tutti i costi ed una generale disaffezione alla comunicazione professionale.

Dobbiamo abituarci all’idea che il design è multiforme, come tutte le altre forme d’espressione. Non c’è una regola per definire cosa è giusto e cosa è sbagliato, cosa è design e cosa non lo è. Noi designer dobbiamo solamente essere più consapevoli, più attenti, meno superficiali, meno supponenti e meno bacchettoni. Abituiamoci all’idea che il design è fatto di persone e oggetti, di luoghi e intangibilità, di anima e carne, di emozioni e merda.


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